Roma, 26 ott – Il concetto di area di crisi complessa è stato introdotto dal decreto Crescita del 2012, che ha riformato la disciplina degli interventi di reindustrializzazione delle aree di crisi.
Per aree di crisi complesse, si intendono quei territori in cui la recessione economica e la perdita occupazionale assumono, per la loro gravità, rilevanza a livello nazionale e con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, non risolvibili con risorse e strumenti di sola competenza regionale.
Questo accade quando le aree sono colpite: da una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull’indotto; da una grave crisi di uno specifico settore industriale molto radicato e diffuso sul territorio.
Al momento le aree di crisi complessa sono distribuite in 12 regioni italiane. Nello specifico, come si legge sul sito del ministero dello Sviluppo economico, si tratta di: Trieste, Rieti, Frosinone, Savona, Val Vibrata – Valle del Tronto – Piceno (Marche-Abruzzo), Venafro-Campochiaro-Bojano (Molise), Taranto, Porto Torres e Portovesme (Sardegna). E ancora: Termini Imerese e Gela (Sicilia), Piombino e Livorno, Terni-Narni, Venezia – Porto Marghera.